DA UNA PARTE IL BOOM TROPPO REPENTINO DELLE QUOTAZIONI DI CERTI VIGNETI, DALL’ALTRA LE DIFFICOLTÀ DI CRESCERE PER VIA DEI LIMITI UE PER I NUOVI IMPIANTI: A WINENEWS, LE RIFLESSIONI DI DUE “SIGNORI” DEL VINO ITALIANO, BRUNO CERETTO E PIERO ANTINORI
Da una parte le vigne che, in certi territori, hanno visto i loro valori crescere in maniera repentina, forse troppo, dall’altra un vigneto Italia che deve ancora compiere la completa trasformazione dalla logica della quantità a quella della qualità, e che deve fare i conti con i limiti imposti dalle regole europee sull’impianto dei nuovi vigneti che, in qualche modo, ne minano la competitività. È un’istantanea del Belpaese che, a WineNews, scattano due dei produttori più esperti d’Italia, alla guida di aziende profondamente diverse tra loro, ma entrambe di riferimento dei territori in cui vivono, come Bruno Ceretto, della storica cantina di Barolo, e Piero Antinori, guida della Marchesi Antinori, tra le più importanti realtà del vino del Belpaese.
“Sul valore dei vigneti, in Piemonte, nell’area del Barolo è scoppiata la bolla delle quotazioni. La accettiamo – dice Ceretto – ma non si può passare di colpo dal “normale” all’esagerazione. Ci sono dei percorsi, che vanno fatti nei modi giusti. In Borgogna, che è il territorio di riferimento quando si parla di espressione del valore del terreno, hanno impiegato 200 anni per arrivare alle quotazioni altissime di Montrachet o di altre vigne. Da noi la situazione è sfuggita un po’ di mano, ma credo che poi si rinormalizzerà”. Come a dire che nei cru storicizzati i valori dei vigneti, arrivati anche a sfiorare i due milioni di euro ad ettaro (come emerso da una recente indagine di WineNews, https://goo.gl/eUiUpB), si manterranno alti, e forse cresceranno ancora, mentre nel resto della denominazione, nei vigneti “di base”, anche se è improprio definirli tali, le cose con il tempo torneranno a situazioni più accessibili rispetto agli 1-1,5 milioni di euro ad ettaro attuali. E se Ceretto parla in particolare del suo territorio, Piero Antinori si spinge in una riflessione che riguarda tutto il Belpaese enoico e non solo.
“In Italia dobbiamo completare il passaggio della nostra struttura vitivinicola: una buona parte del nostro vigneto è passato da una logica di quantità ad una di qualità, ma molta ancora no – sottolinea Antinori – e si dovrebbe fare questo passo definitivo. Siamo oltre la metà del guado, ma c’è ancora un po’ di strada da fare per valorizzare tutta la nostra produzione, dal nord al sud, anche nelle zone che sono ad oggi meno conosciute, dove è possibile creare valore se si investe nel potenziale qualitativo che abbiamo. Ma c’è anche un altro problema – sollevato da più voci autorevoli della filiera, ndr – e che riguarda non solo l’Italia, ma l’Europa, che è quello delle autorizzazioni per i nuovi impianti”. I regolamenti Ue, come noto, consentono da ogni Paese di aumentare al massimo dell’1% all’anno la propria superficie vitata.
“Queste limitazioni per piantare nuovi vigneti che ci penalizzano – spiega Antinori – perchè, in un mercato del vino che, per fortuna, a livello mondiale cresce, consentono ai competitor del Nuovo Mondo, che hanno molta più libertà di noi, di occupare prima posizioni che secondo me spetterebbero al Vecchio Mondo produttivo. E poi, specialmente annate come la 2017, che ha visto una diminuzione della produzione del 30% circa, dovrebbero incoraggiare a piantare più vigna, anche per recuperare quello che negli anni abbiamo perso. Si tratta di migliaia di ettari di vigneto perduti, per abbandono o per cambio di coltivazione”.
FONTE: winenews.it
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