VERSO L’“ASTI SECCO”, IL PIEMONTE CHIEDE CELERITÀ AL MINISTERO. IL DG DEL CONSORZIO DELL’ASTI DOCG, BOSTICCO, A WINENEWS: “ASPETTIAMO, POI PARLEREMO DI STRATEGIE. TIPOLOGIA INTEGRATIVA DELLA DENOMINAZIONE, NON SOSTITUTIVA, E CON LE SUE PECULIARITÀ”

Un Asti in versione più secca, da affiancare a quella oggi tradizionalmente più conosciuta, e che ha fatto dell’Asti Docg lo storico sinonimo della bollicina dolce: è l’idea che, nell’estate del 2016, si è concretizzata nel territorio più famoso della spumantistica piemontese, in cerca di rilancio sui mercati del mondo. (https://goo.gl/KPyehm). E dopo il “placet” dei produttori, in dicembre la Regione Piemonte ha presentato al Ministero delle Politiche Agricole la proposta di modifica del disciplinare necessaria per la produzione di questa nuova tipologia. Che ora è al vaglio degli uffici competenti e sulla quale il Presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e l’assessore All’Agricoltura Giorgio Ferrero hanno chiesto rapidità al Ministro Martina, come riporta l’Ansa, chiedendo che “possa proseguire celermente l’iter istruttorio ministeriale, in vista delle prossime strategie commerciali della filiera piemontese del Moscato”.

L’area di produzione, ricorda l’assessorato all’Agricoltura del Piemonte, interessa poco meno di 10 mila ettari, pari a un quarto del “vigneto Piemonte” in 52 comuni di tre province (Asti, Alessandria e Cuneo). Nella vendemmia 2016 sono oltre 1.100 le aziende che hanno vinificato uve destinate ad Asti spumante ed oltre 1.800 quella che producono Moscato d’Asti, per un potenziale di 85 milioni di bottiglie. “La versione “secco” – spiega l’assessorato all’Agricoltura – non sarebbe una novità: l’Asti “champagne” era già prodotto nei primi anni del Novecento, ma le conoscenze enologiche dell’epoca non permettevano la percezione amara generata da un vino Moscato portato a completa fermentazione. Ora invece è possibile ottenere secchi di giusta gradevolezza”.
“La Docg Asti – sottolineano Chiamparino e Ferrero – rappresenta un tassello importante dell’economia vitivinicola ed dell’immagine dello spumante italiano sui mercati di tutto il mondo”. “L’Asti secco – sostiene Giovanni Satragno, presidente dell’Associazione Produttori del Moscato – potrebbe risolvere i problemi legati alla crisi del Moscato. A livello sperimentale sta dando già buoni risultati”.
Cauto il commento, a WineNews, del direttore del Consorzio dell’Asti Docg, Giorgio Bosticco: “aspettiamo le decisioni del Ministero, poi parleremo di strategie e di tutto il resto, ma per ora la cosa è prematura. Di certo, quello che è chiaro è che la versione secca vuole essere un integrazione dell’offerta della denominazione, e non una sostituzione”.
Da più parti, però, qualcuno ha sollevato la possibilità di creare confusione sul mercato con il Prosecco, vista la potenziale assonanza. “Sono considerazioni soggettive che si possono discutere e valutare. Quello che posso dire è che non c’è nessuna volontà di richiamare il Prosecco per avere dei vantaggi commerciali, né di intaccare quel mercato e quel segmento. Noi parliamo di un prodotto che ha le sue peculiarità, proviene da un altro vitigno, ha dei profumi ben specifici, proviene da un territorio ben riconosciuto, le caratteristiche sono completamente diverse, non vedo perchè questa assonanza dovrebbe creare dei problemi. Secco è un termine che si può usare. Noi adotteremo misure per differenziare l’Asti tradizionale e storico, rispetto a questa nuova variante che è integrativa, e non sostitutiva”.